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Storia del movimento per la Vita Indipendente

Ripercorriamo alcune delle tappe fondamentali della storia del movimento per la Vita Indipendente.

Il Movimento per la Vita Indipendente rappresenta la proposta per la decostruzione del modello medico di gestione della disabilità.

Come il modello sociale di stampo inglese, la teoria e la pratica della Vita Indipendente si sono sviluppate secondo modalità peculiari sulle sponde dell’Atlantico. La differente evoluzione storica del movimento non deve occultare la coincidenza della proposta. Quella di affermare il diritto di ogni persona a determinare, attraverso la propria scelta, le proprie condizioni di vita e ad assecondare un percorso esistenziale che corrisponda alle proprie aspettative. Tale principio appare per le persone disabili una proposta radicale:

“è un concetto radicale perché pone una sfida diretta al pensiero corrente sulla disabilità e individua una soluzione pratica e ideologica ai problemi culturali e ambientali che le persone disabili e le loro famiglie si trovano ad affrontare. Di più, la nozione di “Vita Indipendente” manifesta il potenziale non solo di migliorare la qualità della vita delle persone direttamente affette da disabilità, ma anche di altri gruppi strutturalmente svantaggiati come donne, minoranze etniche, lesbiche e uomini gay e persone anziane” (Barnes, 2003).

Movimenti sociali

Il primo movimento sociale prevedeva la deistituzionalizzazione, un tentativo di rimuovere le persone con disabilità dalle istituzioni. Questo movimento era guidato da genitori di persone con disabilità e si basava sul principio di “normalizzazione” promosso da Wolf Wolfensberger (1972). La sua teoria sosteneva che le persone con disabilità dovessero vivere nell’ambiente più “normale” possibile. In questo modo ci si aspettava che essi si comportassero “normalmente”.

Il movimento successivo per influenzare i diritti dei disabili è stato il movimento per i diritti civili. Sebbene le persone con disabilità non fossero incluse come classe protetta ai sensi del Civil Rights Act del 1964, era una realtà che le persone potessero ottenere diritti, almeno per legge, come classe.

Il movimento di “auto‐aiuto” prese piede negli anni Settanta e nacquero così i primi gruppi di sostegno. L’autoaiuto e il sostegno tra pari sono riconosciuti come punti chiave nella filosofia del Progetto di Vita Indipendente. Secondo questo principio si ritiene che persone con disabilità simili abbiano maggiori probabilità di aiutarsi e di capirsi a vicenda rispetto alle persone che non condividono determinate esperienze.

La demedicalizzazione è stato un movimento che ha iniziato a guardare ad approcci più olistici all’assistenza sanitaria. C’è stato un passo verso la “demistificazione” della comunità medica. Così, un altro passaggio fondamentale per la filosofia della Vita Indipendente divenne il passaggio dal modello medico a un paradigma di potenziamento individuale e responsabilità per definire e soddisfare i propri bisogni. Usando questi principi, le persone con disabilità iniziarono a considerarsi in contrasto con le definizioni di vittime, oggetti di carità o storpi. La disabilità cominciò a essere vista come un’esperienza naturale, non insolita, della vita.

Il ruolo di Edward Roberts

Edward Roberts (1939‐1995) è considerato il “padre della Vita Indipendente”.

Tale movimento nasce negli anni Settanta all’Università di Berkeley in California ad opera di Edward Roberts e di tutti i suoi compagni gravemente disabili. Essi mutuarono alcune tecniche risultate vincenti per la propria emancipazione dando origine alla metodologia del peer counseling. Pionieri del movimento per la Vita Indipendente, guidati da Roberts, decisero di incontrarsi e di donarsi tempo l’un l’altro per comunicare i propri vissuti, confrontarsi ed elaborare strategie individuali e di gruppo capaci di fronteggiare i problemi determinati dalla propria disabilità. Essi erano alloggiati nell’infermeria del campus e per questo esclusi della attività sociali, dalla vita universitaria oltre che impossibilitati ad accedere ai locali universitari perché inaccessibili. Fu così che Roberts e i suoi compagni iniziarono a maturare l’idea che la vita dei disabili dovesse essere gestita fuori dai luoghi di cura. Ciò lo spinse ad elaborare un progetto, insieme all’Università, riservato agli studenti con disabilità.

Si arriva così, nel luglio 1972 a Berkley, alla costituzione del primo Centro per la Vita Indipendente (CIL). Esso ha come principi fondamentali l’autodeterminazione e la partecipazione alle comuni attività sociali e nel quale gli esperti erano le stesse persone con disabilità. L’obiettivo era l’inclusione non solo degli studenti nei campus ma di tutte le persone con disabilità nella società. Edward Roberts fu così il primo attivista statunitense e il primo con disabilità grave a frequentare l’Università di Berkley in California. È perciò considerato il fondatore del movimento dei diritti per le persone disabili.

All’interno dell’Università ricevette servizi di assistenza tramite un programma statale chiamato “Aiuti ai disabili totali”. Questa è una nota molto importante perché si trattava di un servizio di assistenza personale controllato dal consumatore. Gli assistenti furono assunti, addestrati e licenziati dallo stesso Ed.

Adolf Ratzka e la diffusione della Vita Indipendente

Tra gli studenti degli anni Settanta a Berkley c’era anche Adolf Ratzka (1943) emigrato dalla Germania a causa dell’inaccessibilità delle università tedesche. Ratzka esportò la Vita Indipendente in Europa e fondò nel 1984 a Stoccolma la cooperativa per la Vita Indipendente STIL. Questa fu una pionieristica esperienza basata sul diritto della persona con disabilità a scegliere dove, come, quando e da chi farsi assistere, coniando termini quali “assistenza personale”. Il significato di “personale” non si limita alla dimensione dei bisogni ma è ampliato alla sfera più politica rivendicando la titolarità dell’assegnazione del budget personale di assistenza e il potenziale utilizzo per un’attiva partecipazione sociale e politica.

I servizi di assistenza personale in Svezia risalgono al 1930. In questa data il governo locale per primo dette vita ai servizi di aiuto domiciliare per assistere le madri malate nella cura dei loro figli. Più tardi, nel 1950, i servizi divennero fruibili dalle persone anziane che avevano necessità di aiuto per le faccende di casa. In questo modo essi potevano essere tenuti fuori dagli istituti.

È importante notare che i servizi di aiuto domiciliare in origine non erano progettati per le persone più giovani o per chi necessitava di assistenza personale. Questi individui erano tenuti in case di assistenza.

La filosofia della Vita Indipendente trovò quindi terreno fertile anche in Europa. Nel 1989 a Strasburgo 72 persone con disabilità provenienti da 20 Paesi europei si riunirono in una convention per trovare modalità di accelerazione e diffusione dei principi del movimento, in considerazione del fatto che nei paesi europei la segregazione delle persone con disabilità in istituti e residenze sanitarie era la norma.

ENIL

Fu pertanto deciso di costruire un network di persone che si riconoscevano nei valori della Vita Indipendente e fu fondato l’ENIL – European Network Independent Living – con primo presidente Adolf Ratzka. Lo stesso Ratzka (1989) si impegna a dare una definizione di Vita Indipendente:

“Vita Indipendente è una filosofia e un movimento di persone con disabilità che opera per avere pari opportunità, autodeterminazione e rispetto di sé stesse. Vita Indipendente significa che vogliamo avere le stesse opportunità di controllo e di scelte nella vita quotidiana che i nostri fratelli e sorelle senza disabilità, vicini di casa e amici danno per scontate. […] Poiché nessuno meglio di noi conosce le nostre esigenze, abbiamo bisogno di indicare le soluzioni che desideriamo, essere responsabili della nostra vita, pensare e parlare a nome nostro, proprio come chiunque altro.

A questo scopo dobbiamo sostenerci e imparare gli uni dagli altri, organizzarci e operare per cambiamenti politici che portino alla tutela legale dei nostri diritti umani e civili. Siamo persone comuni che hanno bisogno di sentirsi incluse, considerate e amate come tutti. Finché guardiamo alle nostre disabilità come a delle tragedie, saremo compatiti. Finché ci vergogniamo di chi siamo, le nostre vite saranno considerate inutili. Finché tacciamo gli altri ci diranno cosa fare”.

Il movimento si diffuse così anche in Germania, Inghilterra, Norvegia e Italia.

Filosofia della Vita Indipendente

L’attivista disabile inglese Simon Brisenden (1986) così caratterizza lo specifico del paradigma della Vita Indipendente:


“nel “Movimento per la Vita Indipendente” noi rifiutiamo queste definizioni che ci limitano e controllano, perché non descrivono le nostre aspirazioni di affermazione sociale. Infatti, la definizione o modello medico ha contribuito fortemente a metterci ai margini della società, in istituzioni speciali e nei ghetti. Reclamiamo un posto in società, per partecipare come membri con pari diritti, con qualcosa da dire e una vita da vivere; chiediamo il diritto ad assumere gli stessi rischi e ad aspirare alle medesime ricompense. La società ci disabilita togliendoci il diritto a prendere decisioni sulla nostra vita, e pertanto l’equità che domandiamo è radicata in un concetto di controllo; nasce dal nostro desiderio di essere individui capaci di decidere autonomamente.

Non usiamo il termine “indipendente” per intendere che si deve fare tutto da sé, ma per indicare una persona che abbia preso controllo su tutta la sua vita e abbia scelto come condurla. Non si può applicare a chi è costretto in un ambiente istituzionalizzato, perché lo sviluppo della sua vita è comunque determinato, più o meno, dalle necessità dei sanitari e dell’istituzione. […] Il fattore determinante non è il raggiungimento forzato di traguardi fisici, ma il controllo che la persona con disabilità riesce a raggiungere nella vita di ogni giorno. Il grado di disabilità non determina il grado di indipendenza che una persona raggiunge”.

In circa dieci anni, il movimento della Vita Indipendente è cresciuto. Si è passato da un piccolo gruppo di persone disabili che lottano per semplici diritti a una forza politica significativa che ha plasmato il corso della politica sulla disabilità.

Fonti

Fonti: Nancy M. Crewe, Irving Kenneth Zola – Independent Living for Physically Disabled People; Giampiero Griffo – Il nuovo welfare coerente con i principi della CRPD. L’empowerment e l’inclusione delle persone con disabilità; Medeghini, D’alessio, Marra, Vadalà e Valtellina – Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza, Erikson 2013

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