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La figura dell'assistente personale

La figura dell’assistente personale

La figura dell’assistente personale è di fondamentale importanza per la vita di una persona con disabilità e per la realizzazione concreta della Vita Indipendente. Spesso si dice al/alla proprio/a partner “sei la mia vita”. Ecco, questa affermazione – se l’assistente personale svolge bene il proprio lavoro – viene riferita a questa importante figura. Grazie al lavoro dell’assistente la persona con disabilità riesce a vivere esattamente la vita che desidera.

L’assistenza personale autogestita consiste nell’assunzione da parte della persona con disabilità di uno o più assistenti che aiutino a compiere le azioni che la disabilità impedisce di svolgere in maniera autosufficiente. Nel doppio ruolo di datore di lavoro e destinatario dell’attività lavorativa, si stipula un accordo privato con l’assistente e ci si accorda su tempi, modalità e mansioni.

ENIL – European Network on Independent Living

La realizzazione concreta del diritto alla Vita Indipendente prevede la presenza di un importante facilitatore che è l’assistente personale. Questa importante figura rappresenta una delle risorse più importanti volte a garantire alla persona con disabilità l’autodeterminazione nella propria vita. L’European Network on Independent Living (ENIL) afferma che

“il primo e più importante ausilio di cui le persone con disabilità necessitano per la loro libertà e per uscire dalla condizione di subalternità è l’Assistente Personale. In moltissimi casi l’Assistente Personale rappresenta la condizione senza la quale è impossibile parlare di uguali diritti e di autodeterminazione e grazie alla quale istituti, luoghi speciali e segregazione domestica diverrebbero inutili. […] Si parla infatti di persone preparate a rispettare i principi della Vita Indipendente, tutelate da contratti dignitosi ed equi assunte in forma diretta o consociata dalle persone con disabilità, addestrate dalle stesse persone con disabilità a svolgere le funzioni con esse pattuite.

Soltanto rispettando queste indicazioni è possibile organizzare l’assistenza personale in modo da consentire la massima libertà di scelta, e quindi rendere possibile ad ogni singolo utilizzatore di questi servizi il poter scegliere: DA CHI farsi aiutare COME farsi aiutare QUANDO farsi aiutare. Ogni compromesso in questo campo significa fallire, e per una persona con disabilità che non si veda riconosciuto questo diritto è come stare in istituto o in prigione”.

(basato sui testi di Adolf Ratzka, Raffaello Belli, Miriam Massari, Ida Sala, 1996).

L’assistente personale risponde quindi ai bisogni specifici della persona con disabilità che non è in grado di svolgere autonomamente le normali attività della vita quotidiana. In particolare, tale figura deve rispettare gli obiettivi di vita della persona con disabilità in un rapporto di lavoro che vede la persona stessa titolare della gestione della propria assistenza.

Mansioni di un’assistente personale

I suoi compiti vanno dalla cura e igiene personale e domestica, alla facilitazione negli spostamenti fino al supporto ovunque sia richiesto (per la permanenza in Università, sul posto di lavoro, nei viaggi ecc.). È evidente come le mansioni di un’assistente personale varino in base alle esigenze della persona che assiste e non è considerabile quindi un lavoro standardizzato. L’assistente personale deve permettere alla persona con disabilità di realizzare tutto quello che altrimenti potrebbe fare da sola.

Relazione assistente-persona assistita

La relazione che si crea tra queste due persone deve costituirsi in un rapporto di lavoro in cui la persona con disabilità non è solo datore di lavoro ma anche il principale formatore del proprio assistente. Affinché questo rapporto sia positivo, è necessario che la persona con disabilità abbia maturato un processo di empowerment in cui abbia appreso la piena consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti e della capacità di chiedere aiuto laddove sia necessario. Tutto questo deve succedere senza venire meno all’autodeterminazione e senza rischiare di riprodurre forme di prevaricazione o di violazione dei diritti di altre figure vulnerabili che necessitano di altrettante tutele onde evitare che i vantaggi di una parte si ripercuotano negli svantaggi di un’altra.

D’altra parte è necessario che l’assistente personale, portatore di diritti anch’esso (o ella), oltre a disporre di attitudini personali quali l’empatia, la riservatezza e la disponibilità, possa avere un’adeguata formazione professionale in merito ai principi della Vita Indipendente.

Non solo un aiuto alla persona con disabilità

Lo stesso Manifesto della Vita Indipendente afferma l’importanza della figura dell’assistente personale nella vita della persona con disabilità e di chi gli sta intorno:

“Vita Indipendente riguarda soprattutto le persone con disabilità, tuttavia chi la persegue sa che attorno ad ogni persona con disabilità che sia libera, si aprono spazi di libertà per madri, padri, fratelli, sorelle, figli, figlie, mogli, mariti, compagne, compagni, amiche, amici con esse in relazione”.

L’assistenza personale dà la possibilità alle persone, a contatto con la persona con disabilità, di riappropriarsi della propria vita. In questo modo, i familiari sgravati da oneri assistenziali obbligatori possono essere liberi di lavorare, avere una vita propria e continuare a vivere vicino alla persona con disabilità senza essere costretti a rimanere sempre a disposizione per offrire aiuto. Le dinamiche di subordinazione, dipendenza e condizionamento che caratterizzavano, ad esempio, il rapporto tra madre e figlio, si trasformano via via in un nuovo rapporto con caratteristiche di maggior parità.

Le potenzialità dell’assistenza autogestita

Ragionando in termini di benefici in senso ampio per la comunità, l’assistenza personale permette a chi ne usufruisce di partecipare alla vita sociale in modo attivo e a diventare un cittadino a tutti gli effetti, fruitore di servizi pubblici, di beni di consumo, di ristoranti, teatri, cinema e così via. È possibile per molte persone con disabilità iniziare, continuare o concludere gli studi e intraprendere un’attività lavorativa, aumentando il livello di scolarizzazione e produttività.

Criticità del contratto

Essendo quello tra l’utente e l’assistente personale un accordo privato tutelato dal diritto del lavoro, è bene che esso sia messo nelle condizioni di svolgere la propria mansione in modo adeguato e in condizioni di lavoro e remunerazioni che rendano possibile non definire tale rapporto come sfruttamento di una persona che, anch’essa, si trova in condizioni di necessità e non trovi alternativa adeguata ai propri bisogni di reddito.

Per essere un’assistente personale, non è richiesto un titolo di studio particolare per venire scelti e ciò rende più severo il rischio di sfruttamento in ragione delle modeste chance alternative di cui dispone. Anzi, caratteristica peculiare dell’assistenza personale è che sono le stesse persone con disabilità a formare con la propria esperienza gli assistenti in base alle esigenze personali. Possono candidarsi quindi persone provenienti dai più diversi percorsi scolastici e lavorativi e più in generale con le più diverse età, nazionalità, abilità e competenze.

La non previsione di un percorso formativo di carattere più generale e astratto – da accompagnarsi poi con una formazione più specifica che declini le esigenze dei soggetti richiedenti il servizio – presenta non poche criticità dal punto di vista del lavoratore che non può vantare una formazione capace di proporsi in ambiti differenti. Tale previsione, tuttavia, permette anche alle persone più umili di poter fornire un servizio dopo un’adeguata formazione pratica.

Lo stesso ordinamento italiano non riconosce appieno il lavoro delle assistenti personali, a cui non sono estese tutte le tutele garantite agli altri lavoratori.

È sempre più necessario porre il settore assistenziale al centro del dibattito pubblico, in considerazione non solo dell’importanza del lavoro di cura prestato dalle donne nel sistema di welfare italiano, ma anche della sua rilevanza per la promozione delle pari opportunità.

Alcune differenze tra la figura dell’assistente personale e la/il badante

Chi lavora come assistente personale è inquadrato contrattualmente come badante anche se poi nella realtà le mansioni che sono tenute a svolgere le due figure sono diverse. Essere un assistente personale significa spesso fare la OSS, l’infermiera, la parrucchiera, la cuoca, la fisioterapista e così via. A parità di mansioni lo stipendio di un assistente personale dovrebbe quindi essere maggiore perché tale impiego non si configuri come una forma di sfruttamento. Questo è importante per poter garantire rapporti di lavoro continuativi sia per chi riceve il servizio sia per chi svolge il lavoro di assistente personale. Inoltre, chi fa l’assistente personale non è collocabile al vertice della gerarchia sociale proprio per il fatto che non si prevedano titoli di studio o per il mancato riconoscimento di questa figura da parte dell’ordinamento italiano.

È molto importante porre l’attenzione sulla dimensione degli esperti per esperienza. Chiaramente per imparare a dare da mangiare ad una persona non serve una laurea. Tuttavia, la dimensione esperienziale non è l’unica ad entrare in campo in questo lavoro. Anche da un punto di vista pratico, più generale e culturale – si pensi a chi, ad esempio, parla la lingua dei segni o a chi non riesce a manifestare espressamente i propri bisogni – ci si può rendere conto che per le questioni amministrative o relazionali una laurea o un corso di formazione apposito sarebbe molto utile in quanto c’è il rischio di accettare il fatto che non servano titoli di studio per poter svolgere il lavoro di assistente personale.

Fonti

Fonte: Giampiero Griffo – Il nuovo welfare coerente con i principi della CRPD. L’empowerment e l’inclusione delle persone con disabilità

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Il Progetto di Vita Indipendente

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Qualità necessarie di un’assistente personale

Discrezione

Professionalità

Responsibilità

Rispetto dei confini

Disponibilità

Empatia

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Chi è l'assistente personale

La figura dell’assistente personale è di fondamentale importanza per la vita di una persona con disabilità.

La realizzazione concreta del diritto alla Vita Indipendente prevede la presenza di un importante facilitatore che è l’assistente personale, il quale rappresenta una delle risorse più importanti volte a garantire alla persona con disabilità l’autodeterminazione nella propria vita. L’assistente personale risponde quindi ai bisogni specifici della persona con disabilità che non è in grado di svolgere autonomamente le normali attività della vita quotidiana. In particolare, tale figura deve rispettare gli obiettivi di vita della persona con disabilità in un rapporto di lavoro che vede la persona stessa titolare della gestione della propria assistenza.

L’European Network on Independent Living (ENIL) così definisce l’Assistente Personale: «Il primo e più importante ausilio di cui le persone con disabilità necessitano per la loro libertà e per uscire dalla condizione di subalternità è l’Assistente Personale. In moltissimi casi l’Assistente Personale rappresenta la condizione senza la quale è impossibile parlare di uguali diritti e di autodeterminazione e grazie alla quale istituti, luoghi speciali e segregazione domestica diverrebbero inutili. È una figura professionale nettamente diversa da quel che è oggi in Italia l’assistente domiciliare, sia per formazione che per metodi di assunzione e di gestione. Si parla infatti di persone preparate a rispettare i princìpi della Vita Indipendente, tutelate da contratti dignitosi ed equi, assunte in forma diretta o consociata dalle persone con disabilità, addestrate dalle stesse persone con disabilità a svolgere le funzioni con esse pattuite. Soltanto rispettando queste indicazioni è possibile organizzare l’assistenza personale in modo da consentire la massima libertà di scelta, e quindi a rendere possibile ad ogni singolo utilizzatore di questi servizi il poter scegliere: DA CHI farsi aiutare; COME farsi aiutare; QUANDO farsi aiutare. Ogni compromesso in questo campo significa fallire, e per una persona con disabilità che non si veda riconosciuto questo diritto è come stare in istituto o in prigione».